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Mr. Ruggero Cattaneo,
Milan, Italy
defended his diplom work
whose title is:
Latin and slavo-bosanski:
the Testimonium
Bilabium by Filip Lastrich,
18th century Bosnian
Franciscan
at the Catholic University in Milan (April 2000). It comprises
180 pages, and 141 references.
His mentor was Marina Lipovac
Gatti, professor at the same
university.
Here we give the Introduction and the Conclusion of the work in the
original Italian language.
A translation
into Croatian is also written by
this young Italian scholar. I take
the opportunity to express my deepest gratitude to Mr. Cattaneo for his
illuminating work
concerning Croatian culture in Bosnia.
Darko Zubrinich, Zagreb, May 2000
INTRODUZIONE
Il presente lavoro
prende in esame il Testimonium
bilabium di Filip Lastrich da
Ocevja (Philippus ab Ochievia, 1700-1783), francescano della provincia Bosna
Argentina. Si tratta di una
raccolta di omelie stampata a Venezia nel 1755, che offre al lettore,
dopo il testo latino di ciascuna di esse, la relativa
traduzione-trasposizione in lingua croata.
Lo
status
culturologico di quest'opera singolare si comprende tenendo presenti
due coordinate fondamentali. Da una parte infatti essa nasce e si
inserisce nell'alveo dell'ormai consolidata tradizione letteraria
francescana della Bosnia-Erzegovina avviata all'inizio del secolo XVII
da Matej Divkovich (1563-1631). All'interno di questa tradizione, Filip
Lastrich risulta essere, fra gli autori pertinenti al secolo XVIII,
quello più "dotto" e colto, nonchè il miglior
latinista, così come, sotto questo profilo, lo era stato
Ivan Ancic nel secolo XVII (Ioannes Anicius, inizio XVII sec.-1685).
D'altra
parte, proprio per questa sua cultura e raffinatezza, il Testimonium
Bilabium partecipa anche di una
dimensione marcatamente sovraregionale, interagendo naturalmente non
solo con l'affine produzione omiletica promossa soprattutto dagli
ordini religiosi francescano e gesuita in area croata, ma anche, per la
sua qualità letteraria, con la letteratura in latino che
vediamo svilupparvisi con rinnovata energia, nell'ambito, insomma, di
una profonda unità cultur
ale capace di superare i regionalismi (politicamente, in quest'epoca la
Slavonia e l'area kajkava fanno parte dell'Impero asburgico, la
Dalmazia della repubblica veneziana, la Bosnia-Erzegovina dell'Impero
ottomano).
Partiamo
infatti dalla constatazione che storicamente una parte
considerevole della produzione letteraria croata, a cominciare dalla
celebre Elegia de Sibenicensis
agri vastatione di Juraj
Sizgorich (Georgius Sisgoreus, sec. XV) fino allo Specimen
de fortuna latinitatis di Marko
Faustin Galjuf (Marcus Faustinus Gagliuffius, 1765-1834), si
è realizzata in lingua latina, che rimane tra l'altro la
lingua ufficiale del parlamento di Zagreb fino al 1847, anche come dif
esa nei confronti delle tendenze germanizzanti e magiarizzanti.
Nel
secolo XVIII in Croazia il latino permea la vita pubblica ad ogni
livello, come strumento di comunicazione nella sfera privata e
familiare (lettere, memorie, documenti d'archivio) e
nell'amministrazione (nelle parrocchie e all'interno degli ordini
religiosi, ma anche nei comuni della Dalmazia, a Dubrovnik e nel
governo e parlamento di Zagreb), nonchè come lingua di gran
parte della produzione letteraria di ogni genere, in prosa o in versi,
e naturalmente di tutte le opere p
ertinenti a discipline scientifiche.
In
ambito letterario osserviamo in questo secolo il fiorire di una
ricca letteratura in latino soprattutto a Dubrovnik e nei comuni
dalmati, ma anche nel circolo zagabrese, in Slavonia e in Bosnia, dove
questo aspetto della cultura croata vive e prende forma nei conventi
francescani.
Nel
caso di Dubrovnik, la produzione poetica in lingua latina giunge
persino a superare, sul piano quantitativo e qualitativo, quella in
volgare, fatto che costituisce un unicum
nel panorama della contemporanea letteratura europea: attraverso la
sovranazionalità del latino, Dubrovnik intende evidentemente
far meglio conoscere al mondo la propria realtà e il proprio
patrimonio culturale (su scala locale o slavo-meridionale), rimanendo
al passo con l'Europa. In ques
to senso, è significativo che Monti e Pindemonte si
serviranno abbondantemente delle traduzioni in esametri latini dell'Iliade
(Roma 1776) e dell'Odissea
(Siena 1777) condotte rispettivamente da Rajmund Kunich (Raymundus
Cunichius, 1719-1794) e Brno Dzamanjich (Bernardus Zamagna, 1735-1771).
Permeati
dello spirito della lingua latina, i poeti croati perfezionano
anche la loro lingua letteraria volgare, modellandola nel solco di una
tradizione letteraria in cui la componente latina ha un posto e un
ruolo di primaria importanza. In Slavonia il dotto Matija Petar
Katancich pubblica nel 1767 a Zagabria la raccolta poetica bilingue Fructus
Autumnales, applicando, nelle
liriche volgari, i principi della metrica classica.
Nell'ambito
della prosa omiletica, il bilinguismo del lastriciano Testimonium
Bilabium rappresenta pertanto
un singolare momento di vivo e fecondo incontro della lingua latina con
la croata, che Lastrich usa indicare con il neologismo slavo-bosanski,
‘slavo-bosniaco’, cioè ‘lingua
slava come si parla in Bosnia’ (accanto al "dotto" iliricki,
‘illirico’, e il semplice naski,
‘nostrano’).
Diventa
così possibile in quest'opera osservare in maniera
diretta come il volgare sia portato ad emulare
il latino, che si pone come paradigma e modello soprattutto a livello
lessicale e sintattico. Su questa linea, la nostra ricerca intende per
l'appunto contribuire all'approfondimento di alcuni aspetti del lessico
e della sintassi particolarmente rilevanti in ordine all'illustrazione
dei modi in cui si manifesta l'esemplarità
del latino all'interno di qu
esto fertile connubio linguistico.
Siamo
tuttavia dell'avviso che il senso ultimo di questo tipo di
analisi possa essere pienamente colto soltanto se l'opera riceve
preliminarmente una corretta collocazione culturologica, attraverso la
presentazione delle sue essenziali caratteristiche contenutistiche e
stilistico-formali, nel quadro del contesto storico-letterario di
riferimento.
È
questo il senso della prima parte del nostro lavoro, in
cui diamo una breve introduzione storica (cap. I), un essenziale
resoconto sulla situazione degli studi relativi alla letteratura
francescana bosniaca dei secoli XVII e XVIII (cap. II) e alla lingua in
cui essa è scritta (cap. III), e un profilo della figura di
Filip Lastrich (cap. IV), per arrivare ad una globale presentazione
storico-letteraria del Testimonium
Bilabium (cap. V).
Quest'ultima
si rende necessaria anche alla luce del fatto che, se non
mancano studi di carattere generale su questa produzione, scarseggiano
invece i contributi di ambito più circoscritto; inoltre,
un'attenzione minimale è stata rivolta dagli storici della
letteratura al filone dell'oratoria sacra croata, come ha a lamentarsi
lo studioso Josip Bratulich, che sottolinea come siano state
particolarmente trascurate in quest'ambito proprio le raccolte
omiletiche di Filip La
strich, attivo nella predicazione in una zona ad ampio raggio, dalla
Bosnia a Buda, da Ilok a Zagreb, così che il terreno su cui
si muove la nostra ricerca si presenta piuttosto nuovo e inesplorato.
Nella
seconda parte, l'indagine intende valorizzare la
singolarità dello stretto connubio latino-croato del Testimonium
Bilabium: sul piano lessicale,
osservando la valenza paradigmatica del latino (cap. I); su quello
sintattico, esaminando le modalità di impiego di determinati
usi di derivazione latina (cap. II).
La
lingua di Lastrich è stata compiutamente esaminata sotto
il profilo grafico, ortografico, fonetico e morfologico da Herta Kuna
(studiosa assai meritevole - sia detto per inciso - in questo ramo
degli studi), la quale così conclude il suo lavoro: "La
parlata di Lastrich ha subito nel testo letterario notevoli
deformazioni in seguito all'intervento dell'autore in alcuni tratti
fonetici particolarmente evidenti, e questo indubbiamente si ravvisa
ancor più nella si
ntassi e nel lessico, dove specialmente si fa sentire anche l'influenza
delle lingue straniere".
A
questi aspetti, che riguardano da vicino il nostro lavoro, ella dedica
una speciale attenzione in alcuni contributi fondamentali, che vanno a
costituire il punto di partenza dell'analisi da noi condotta.
Segnaliamo
infine come l'intera problematica oggetto della nostra
attenzione risulti rilevante, com'è naturale, anche per quel
che riguarda, su un piano più generale, la storia della
lingua croata nel suo complesso, in quanto proprio il secolo XVIII
è comunemente ritenuto determinante nell'ambito del suo
processo di standardizzazione: la stessa Herta Kuna sottolinea infatti
in molti suoi contributi, fino a quello del 1997 su La
letteratura croata della Bosnia-
Erzegovina nel secolo XVIII,
l'importanza della koiné
letteraria (o "maniera linguistico-letteraria") che prende forma e si
afferma proprio per merito dei Francescani della Provincia Bosna
Argentina nell'area
dalmato-bosniaco-slavonica nei secoli XVII-XVIII, la quale
può considerarsi a tutti gli effetti un pre-standard,
precedente immediato, e insieme punto di partenza, dell'evoluzione
della lingua standard.
Nota
Per
la ricerca è stata utilizzata la copia a stampa del Testimonium
Bilabium conservata nella
Biblioteca Nazionale e Universitaria di Zagreb (segnatura R II c
8°-28).
CONCLUSIONE
Con
la pace di Srijemski Karlovci (1699) ha inizio il declino
dell'Impero ottomano. La liberazione della Slavonia e di gran parte
della Dalmazia prepara la nascita delle nuove province francescane del
ss. Redentore (1735) e di s. Giovanni da Capistrano (1757), che in tal
modo si separano dalla provincia madre Bosna
Argentina. In Bosnia tuttavia
la carestia, la peste e le ritorsioni inducono una parte considerevole
della popolazione cattolica all'emigrazione, e alla metà del
secolo la crisi dell'Impero ottomano provoca lotte intestine e
disordini sociali di ampie dimensioni: lo stesso Filip Lastrich
nell'introduzione del Testimonium
Bilabium racconta l'assalto
giannizzero al convento di Kraljeva Sutjeska del 18 ottobre 1752, in
seguito al quale rimane ferito a una gamba.
Egli
aveva avuto la possibilità di completare la sua
formazione in Italia (a Narni, come risulta da una sua lettera
autografa del 1723), per poi diventare nel 1726 professore di filosofia
a Pozega in Slavonia, nel 1729 maestro dei novizi e degli studenti a
Kraljeva Sutjeska, nel 1735 Custode della provincia, e infine nel 1741
Provinciale, rimanendo in carica fino al 1745. Come ex Provinciale
guida con successo, nel 1758, la missione diplomatica dei francescani
bosniaci a Roma, con la quale viene restituito alla Bosnia-Erzegovina
lo status
di provincia.
Lastrich
scrive in latino le Traditiones
in universam aristotelico-scoticam philosophiam
(manuale di filosofia scotiana, rimasto manoscritto), i Testimonia
del Testimonium Bilabium
e l'Epitome vetustatum Bosnensis
Provinciae (la prima opera
storiografica sulla Bosnia-Erzegovina di un autore bosniaco, in cui
confluiscono i materiali del Commentariolum,
rimasto manoscritto).
In
slavo-bosanski
(o illirico,
cioè ‘croato’) scrive invece il Promisljanje
(guida alla meditazione), gli Svidocanstva
e il Razgovor kratak
del Testimonium Bilabium,
il Put Kriza
(sussidio liturgico per la Via Crucis) e le raccolte omiletiche Od'
uza me, Nediljnik dvostruk e Svetnjak.
Con
queste opere egli si inserisce nella produzione letteraria dei
francescani bosniaci, che a partire da Matej Divkovich si sviluppa
prevalentemente in prosa volgare, al servizio dell'attività
catechetico-didattica e pastorale, nell'ambito del programma di
rinnovamento della Controriforma.
Questa
produzione letteraria croata della Bosnia-Erzegovina nasce
appoggiandosi largamente alla letteratura croata glagolitica e
dalmato-ragusea, ponendosi all'interno dell'orizzonte culturale e
spirituale europeo grazie anche al fatto che la formazione dei
francescani bosniaci si svolge spesso in Italia. Pare adeguata la
proposta di Ignacije Gavran di valutare questa letteratura in base ai
criteri validi per la retorica e la letteratura didattica, misurando
l'apporto dei singoli seco
ndo un parametro qualitativo.
Sul piano linguistico, gli studi, il movimento e l'attività
pastorale dei francescani bosniaci plasmano nell'ambito della provincia
una prassi scritta di ambito dalmato-bosniaco-slavonico sempre
più omogenea, una koiné
letteraria basata sul dialetto stokavo occidentale e caratterizzata da
una serie di tratti linguistici comuni.
Nell'ambito
di questa produzione Lastrich si rivela l'autore
più colto e raffinato del secolo XVIII, e proprio nel Testimonium
Bilabium, opera di notevole
spessore artistico, caratterizzata anzitutto dalla ricchezza e dalla
varietà delle realizzazioni, coniuga l'impegno letterario
con l'attività pastorale, che costituiscono le due "anime"
principali di questa letteratura.
Le
osservazioni sull'ortografia "illirica" che vi troviamo denotano
persino uno spiccato interesse per la standardizzazione della lingua,
nascendo dalla consapevolezza che le disomogeneità
ortografiche possano essere superate soltanto col consenso degli
scrittori: in mancanza di una norma comune, negli Svidocanstva
egli cerca coscientemente di mediare e avvicinare le diverse tradizioni.
L'opera
viene concepita in latino, per essere successivamente
tradotta/rielaborata in croato, su suggerimento di coloro "dei quali -
dice Lastrich nella prefazione al lettore - mi premeva seguire i
consigli" (forse Jerolim Filipovich, assertore della parità
dell'"illirico" al latino e della sua maggiore utilità per
la preparazione delle omelie).
Il
latino diventa pertanto modello e punto di riferimento costante,
trasmettendo alla versione croata un forte impulso a rimanergli
"all'altezza", sciogliendone la sintesi (le omelie croate risultano
mediamente più lunghe di quelle latine di una pagina buona)
ed emulandolo nell'intero ventaglio dei registri stilistici adottati,
in cui naturalmente prevale un eloquio retoricamente molto sostenuto,
trattandosi di omelie solenni. L'eloquenza del Testimonium
Bilabium, d'impr
onta segneriana, rifugge da qualsiasi artificiosità
baroccheggiante e si attiene a un canone di severa
semplicità e chiarezza, che risulta efficace ed espressivo
soprattutto nelle sezioni a carattere narrativo-descrittivo.
Lastrich
tuttavia si riserva in taluni passaggi di ricorrere a un ornatus
più intenso, o, per contro, di rendere il discorso leggero e
vivace, anche attraverso l'impiego del discorso diretto e delle
similitudini, che con le loro immagini della quotidianità o
della vita della natura variano ed arricchiscono il dettato, che
diventa così "drammaturgicamente imprevedibile".
Anche
la poesia è presente, con le eleganti versioni delle
citazioni degli inni liturgici, con la prosa ritmica dell'incipit
patetico del Testimonium
IV e la singolare rielaborazione dell'Ave
Maria / Zdravo
Marijo come Ave
Crux / Zdrav
Krizu, ma anche con una
preziosa citazione dai Carmina
oraziani.
Tenendo
conto anche dell'abbondanza e varietà delle
citazioni integrate nel testo, si comprende come un prodotto letterario
di tal genere non potesse trovare il suo pubblico nell'area della
Bosnia-Erzegovina (i cui pastori d'anime avrà invece sempre
a cuore nelle successive raccolte omiletiche): in quest'epoca ai
sacerdoti bosniaci, sparsi qua e là nel territorio e spesso
costretti a faticosi spostamenti, in mancanza di chiese, può
capitare di dover dire me
ssa "sotto le querce, in capannucce coperte di mantelli").
Il
pubblico del Testimonium
Bilabium è invece
quello costituito dai pripovidaoci
gradjanski
(‘predicatori delle città’), come
risulta chiaramente dalla prefazione del Nediljnik
Dvostruk.
L'analisi
lessicale ha consentito di determinare e "localizzare" questo
pubblico con sufficiente precisione. La documentazione completa,
relativa al Testimonium Bilabium,
di tutte le occorrenze dei nomi pertinenti ad alcune categorie
particolarmente rilevanti del lessico letterario "alto" (deverbali in -je,
nomi in -stvo
e nomi in -ost)
ha infatti permesso di individuare le neoformazioni lastriciane, e di
constatare la presenza di molte di esse in opere di autori di area
dalmato-bosniaco-slavonica della seconda metà del secolo
XVIII (tra i più noti, ricordiamo Josip Banovac, Gjuro
Basich, Bernardo Zuzorich, Marko Dobretich, Antun Kanizlich, Emerik
Pavich).
In
questo settore del lessico l'osmosi e il dialogo tra latino e croato
si fanno particolarmente vivi, e diviene possibile cogliere
direttamente, nelle corrispondenze (il Testimonium
Bilabium presenta entrambi i
versanti), come la parola latina funga da esempio, da modello di
riferimento per quella croata, favorendo il riordinamento e
l'arricchimento del materiale linguistico esistente. Talvolta questa
energia "paradigmatica" giunge a plasmare calchi linguistici, il
più "dotto" e caratteristico dei quali è nel Testimonium
Bilabium il neologismo
semantico maknutje,
mutuato dal mediolat. motivum.
Questa
stessa profonda azione plasmante del latino è
ravvisabile in maniera ancor più netta ed evidente nella
sintassi. Qui infatti lo spessore letterario dell'opera favorisce la
completa assimilazione, direttamente dal latino, di vari elementi, che
si ritrovano per l'appunto, nell'ambito della letteratura francescana
bosniaca dei secoli XVII e XVIII, soprattutto negli autori
più "colti", migliori conoscitori del latino e di maggiori
pretese letterarie.
Fenomeni
rilevanti sotto questo profilo risultano essere in particolar
modo il neutro plurale sostantivato nei casi nominativo e accusativo di
alcuni pronomi (soprattutto svak
‘ciascuno' e ovî
‘questo’) o di aggettivi qualificativi, e il
participio presente usato come semplice aggettivo o come participio
congiunto, per influsso del participio presente latino.
L'esame
di tutte le occorrenze di questi tratti sintattici nel Testimonium
Bilabium ha permesso di
constatare come, se da una parte il neutro plurale sostantivato e il
participio presente con valore di semplice aggettivo diventano,
accogliendo l'impulso latino, elementi della lingua letteraria di
Lastrich (e il participio presente aggettivale è persino
vivo a tutt'oggi nella letteratura contemporanea), il participio
presente subordinante, usato più al singolare e spesso nella
forma govoreci, -a, -e
come nesso introduttivo delle citazioni, risulta invece maggiormente
legato alla prassi della traduzione.
Colpiscono,
nei passaggi stilisticamente "alti" del testo, alcuni
fenomeni di "iperlatinizzazione", quali l'uso del caso strumentale per
rendere alcuni ablativi assoluti, soprattutto quando lo strumentale
perde la sua funzione propria per aderire all'ablativo latino
esprimendo semplicemente una circostanza concomitante, alcuni calchi
sintattici di frasi infinitive e i casi di interposizione di
proposizioni relative tra i costituenti di sintagmi nome-aggettivo,
tutti aspetti in cui il croato mostra chiaramente la propria tensione
"emulativa".
Come
è naturale, data l'abbondanza del materiale raccolto
come base per la ricerca, riteniamo - e ci auguriamo - che esso possa
rivelarsi utile per ulteriori approfondimenti.
Philippus
Lastrich ab Ochevia, Testimonium
Bilabium, Venetiis 1755.,
Testimonium XVII. de S. Ioanne Evangelista [PDF];
paralelni tekst po ritmičkim jedinicama izdaje Ruggero Cattaneo 2011.
Filip
Lastrich
Dubravko Jelcic: Storia della
letteratura croata,
a cura di Ruggero Cattaneo, 2005
Croats at European universities in
the
Middle Ages, Latinists, Encyclopaedists
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